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Pubblicato 13 settembre 2021

Gli impatti del Covid 19 e del Recovery Plan sui Piani Anticorruzione e Trasparenza

di Valeria Caterina Alba Vergine

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede un ampio spettro di investimenti e riforme a favore delle Pubbliche Amministrazioni finalizzate al miglioramento dell’organizzazione interna e quindi rilevanti per gli attuali modelli organizzativi. Per quanto concerne i Comuni, nell’ambito della Missione 1 ad esempio la “componente 1.1 digitalizzazione della PA” include la “riforma 1.2 supporto alla trasformazione della PA locale”, che determinerà la revisione, per mezzo di una maggiore informatizzazione, di alcuni degli attuali processi e procedure, nell’ottica di efficientare i servizi per il cittadino.

Tralasciando la pianificazione dei nuovi reclutamenti di personale (con modalità speciali e/o semplificate), sempre nell’ambito della Missione 1 anche la “componente 1.2 modernizzazione della Pubblica amministrazione” prevede investimenti che potenzialmente impattano sugli strumenti di pianificazione ed in particolare su PTPCT e Piano delle Performance. Si tratta in particolare degli interventi “2:2 task force digitalizzazione, monitoraggio e performance” e“2.3 competenze e capacità amministrativa” con le relative riforme “2.2 buona amministrazione e semplificazione” e “2.3 competenze e carriere”.

Ora, durante la pandemia da COVID 19 le Pubbliche Amministrazioni (PPAA) hanno già dovuto considerare oltre ai fattori di rischio (rischio reato e rischio operativo) “tradizionali” ulteriori nuovi elementi legati alla emergenza sanitaria e conseguente crisi economica, quali ad esempio l’asimmetria informativa tra il fornitore di prodotti sanitari e l’ente pubblico, l’urgente necessità di servizi informatici, il  diffuso e non programmato impiego di smart-working e lavoro agile, l’incremento della domanda di sussidi e servizi da parte del cittadino contestuale alle minori entrate subite dall’ente, oppure alle deroghe o proroghe soprattutto in materia di appalti. Per questo motivo le PPAA sono state già costrette a modificare i propri modelli organizzativi e le modalità di lavoro pur di garantire i servizi essenziali, aggiornando anche il proprio PTPCT con tempistiche parzialmente derivanti dall’incremento di carico di lavoro del proprio personale (in special modo gli Enti del settore sanitario o socio-sanitario)

Come anticipato, quelle stesse Pubbliche Amministrazioni sono chiamate oggi ad una nuova sfida, ossia prevedere anche gli impatti del Recovery Fund, di cui al PNRR, per un change management che le renda idonee ad una risposta rapida ed efficace alle mutate esigenze della trasformazione globale postpandemica. Il nostro Paese, insieme all’Unione Europea, cercherà di rilanciare l’economia nazionale grazie ad investimenti mirati che puntano anche ad avvicinare la Pubblica Amministrazione (compreso il reparto Giustizia) al cittadino, in particolare con la semplificazione delle procedure e la digitalizzazione dei processi. Non si tratta, ad onor del vero, di obiettivi innovativi, almeno sulla carta, ma stavolta le risorse economiche a disposizione sono rilevanti, così come la preoccupazione di non essere in grado di utilizzarle correttamente, non solo dal punto di vista formale ma anche sostanziale, entrando nel merito delle scelte di allocazione di detti fondi pubblici. Emergono quindi atavici errori o nodi irrisolti, quali la difficoltà ad effettuare investimenti considerandone gli impatti a medio e lungo periodo, oppure la reticenza a calcolare tutti i rischi (compresi quelli finanziari) ed imprevisti e prevederne correttivi, o ancora la diffidenza nel creare reti non solo tra pubblico e privato ma anche tra imprese, con rapporti fiduciari stabili su un piano di parità e complementarietà o, infine, la volontà di combattere seriamente lo spreco di risorse pubbliche derivante dall’evasione fiscale.

In questo scenario, per la Pubblica Amministrazione, che ruolo può svolgere un modello organizzativo ex lege 190/2012, adeguato, aggiornato, maturo e capillarmente diffuso tra i propri dipendenti? E l’applicazione di misure attuative del principio della trasparenza?

Come già avvenuto in passato nelle società private che hanno introdotto Modelli di Organizzazione Gestione e Controllo ai sensi del dlgs 231/2001 la mappatura dei processi, l’individuazione chiara di ruoli e responsabilità, la condivisione con l’utente dei servizi delle informazioni con modalità semplici ed immediate, potrà certamente agevolare la reingegnerizzazione dei processi, supportare l’aggiornamento e/o semplificazione delle procedure nonché valorizzare e motivare le risorse umane interessate dal cambiamento, catalizzandolo e rendendolo più comprensibile anche all’utenza e agli stakeholders, a tutto vantaggio di un incremento della fiducia e della capacità di canalizzare le energie nel raggiungimento di obiettivi comuni e prioritari per il nostro Paese.

L’Anac stessa evidenziava questo beneficio d’immagine, anche al di là dei confini nazionali, ricordando che “dalla credibilità della legislazione anticorruzione e dell’assetto istituzionale che presidia le regole in materia dipende la credibilità del Paese agli occhi degli investitori istituzionali”.

Esistono però opinioni contrastanti, orientate a ridimensionare funzioni e poteri dell’ANAC e la portata di RPCT e PTPC nelle Pubbliche Amministrazioni, derivanti probabilmente di un’applicazione talvolta formalistica e non sostanziale della normativa in materia di prevenzione della corruzione e di rafforzamento della trasparenza.

Già l’organo del Consiglio d’Europa denominato “Gruppo di Stati contro la Corruzione” (Greco) allertava sul rischio che la crisi dovuta al COVID-19 (e a maggior ragione, aggiungerei, anche le politiche di contrasto alla crisi, come il PNRR) possa essere strumentalizzata per aggirare o abbandonare gli standard anticorruzione, mentre, al contrario, andrebbe maggiormente vigilato ogni comportamento non etico grazie, in particolare, ad una maggiore e più concreta trasparenza.

I nuovi obblighi di legge introdotti dalla legge 6 agosto 2021 n. 113 (che ha convertito in legge decreto legge 9 giugno 2021 n. 80) è opportuno tengano conto delle summenzionate valutazioni di questi due autorevoli organi e dell’esperienza, e indipendenza, da essi dimostrata in passato. Mi riferisco in particolare all’obbligo per la PA di dotarsi di un nuovo strumento di pianificazione denominato “Piano integrato di attività e organizzazioni”, da redigere sulla base del Piano tipo del Dipartimento della Funzione pubblica. La natura pianificatoria dello strumento è connaturata alla durata triennale (con aggiornamento annuale), come avviene per il PTPCT, con il quale condivide anche importanti finalità e le tematiche.  La norma stessa evidenzia come “gli strumenti e le fasi per giungere alla piena trasparenza dei risultati dell’attività e dell'organizzazione amministrativa nonché' per raggiungere gli obiettivi in materia di contrasto alla corruzione” dovranno essere “secondo quanto previsto dalla normativa vigente in materia e in conformità agli indirizzi adottati dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) con il Piano nazionale anticorruzione”. In attesa quindi di meglio comprendere quale sarà il futuro dei PTPCT dopo l’introduzione di questo nuovo Piano Integrato, la norma ci chiarisce comunque che quest’ultimo dovrà necessariamente definire per l’Ente Pubblico, in aggiunta a quanto già anticipato:

  • gli obiettivi programmatici e strategici della performance stabilendo il necessario collegamento della performance individuale ai risultati della performance organizzativa;
  • la strategia di gestione del capitale umano e di sviluppo organizzativo, anche mediante il ricorso al lavoro agile, e gli obiettivi formativi annuali e pluriennali, finalizzati ai processi di pianificazione secondo le logiche del project management;
  • il collegamento con piano triennale dei fabbisogni di personale;
  • “l'elenco delle procedure da semplificare e reingegnerizzare ogni anno, anche mediante il ricorso alla tecnologia e sulla base della consultazione degli utenti”,
  • “le modalità e le azioni finalizzate a realizzare la piena accessibilità alle amministrazioni, fisica e digitale, da parte dei cittadini ultrasessantacinquenni e dei cittadini con disabilità” oltre ad “azioni finalizzate al pieno rispetto della parità di genere”.

La sfida quindi è ambiziosa, per ogni Pubblica Amministrazione ma anche per i cittadini e le imprese, chiamati a svolgere un ruolo più attivo e continuativo. La pandemia ci ha recentemente insegnato che non è possibile interessarsi (ed investire) nella ricerca scientifica solo nel momento in cui un problema rischia a livello globale di mettere a repentaglio la salute se non la stessa sopravvivenza della specie. Analogo discorso vale per la tutela dell’ambiente, considerati i recenti rilevanti cambiamenti climatici, sintomo non certo da trascurare della salute del pianeta. A mio parere, lo stesso insegnamento deve essere recepito infine anche per l’etica e la “politica”, intesa come filosofia e complesso di scelte e attività attinenti l’organizzazione e la vita pubblica di una comunità di uomini che sempre più percepiamo come “villaggio globale”.

L’augurio è quindi quello di non limitarci a focalizzare lo sguardo sempre sulle medesime riforme (es codice degli appalti), solo a livello nazionale o locale. È forse arrivato il momento propizio per allargare lo sguardo, a livello perlomeno europeo, e, grazie alle nuove disponibilità economiche, cercare di fare sistema tutti insieme, con un nuovo contratto sociale che crei alleanze tra pubblico e privato, generazioni e nazioni, in un’unica regia per l’obiettivo comune di un welfare più equo e sostenibile.

 
Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente riconducibili all’autore e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale dell’Ente di appartenenza.

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